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| Titolo: Ilgalletto.tv - Progna: “I pareggi del Bari? Non si può vincere sempre" Mar Ott 23, 2018 2:02 pm | |
| Era la stagione 1991-1992 e il presidente del Bari Vincenzo Matarrese fece la campagna acquisti più dispendiosa della storia biancorossa ingaggiando giocatori come Platt, Boban, Jarni ed altri di alto livello. Tra questi c’era il difensore centrale Domenico Progna che arrivava in biancorosso dopo ottime stagioni nell’Atalanta di Strömberg, Caniggia ed Evair, l’anno precedente eliminata solo ai quarti di finale di Coppa Uefa.
Quel campionato del Bari, iniziato con grandi ambizioni, non andò come si sperava – finì con la retrocessione in B – ma Progna fu uno dei giocatori più presenti: 29 volte in campo come Platt e Soda. E l’anno successivo rimase tra i cadetti. In due stagioni 39 presenze e un gol. Lo abbiamo intervistato:
Cosa pensi del Bari ripartito dai dilettanti?
“Giancaspro ha combinato un bel pasticcio. Forse si poteva fare qualcosa in più per salvare la situazione. Purtroppo ora il Bari è in Serie D, ma De Laurentiis saprà riportare il Bari nel calcio che conta”.
Conosci qualche giocatore dell’attuale rosa del Bari?
“Sì, alcuni sono giocatori che hanno militato in categorie più importanti: Bolzoni, Simeri, Di Cesare, lo stesso Brienza. Altri, invece, conoscono molto bene la categoria e daranno certamente un contributo decisivo. E poi ci sono gli under, che fanno la differenza in questa categoria”.
Arrivasti a Bari nel 1991 nell’ambito di una campagna acquisti faraonica che autorizzava a sognare. Matarrese, oltre te, ingaggiò giocatori come Platt, Boban, Jarni ed altri. Cosa non funzionò quell’anno?
“La società allestì una squadra fortissima. Il problema è che durante la seconda partita in casa contro la Sampdoria, si infortunò gravemente Joao Paolo. Già da inizio campionato dovemmo fare a meno del nostro miglior terminale offensivo. L’altra nostra punta era Farina, che a differenza di Joao, segnava molto poco. Noi non subivamo tanto, ma non riuscivamo mai a rimontare. Non abbiamo mai preso delle grandi imbarcate, ma non avevamo la capacità di fare gol. Avevamo veramente poca spinta offensiva e questo fu il motivo per cui, secondo me, retrocedemmo”.
In carriera hai segnato 2 reti in 340 presenze, una delle quali a Bari contro l’Ascoli. Un gol che regalò il pareggio in zona Cesarini in una partita che sembrava persa, ma che grazie a te e a Platt riusciste a vincere. Che ricordi hai?
“Io di Bari, oltre al gol, ho un buonissimo ricordo. Della partita contro l’Ascoli mi ricordo che stavamo giocando malissimo e perdevamo 1-0. Poi ne gli ultimi 5 minuti realizzammo due gol: uno io e l’altro Platt (all’87’ e all’89’ – ndr). Questo a dimostrazione che nel calcio non c’è nulla di scontato e che, anche se si gioca male, chi fa gol ha sempre ragione. In quel caso noi pur giocando male vincemmo la partita. Ma, ripeto, a Bari, anche se ho subito un infortunio abbastanza grave, sono stato molto bene”.
Quella con l’Ascoli, alla 30esima giornata, fu l’ultima vittoria di quella stagione. Ci speravate ancora nella salvezza?
“Sì, ci speravamo. Anche se la società quell’anno fece un unico errore. A novembre, quando venne esonerato Salvemini, l’errore fu probabilmente quello di non scegliere un allenatore come Mazzone, adatto per la categoria e che poi andò al Cagliari (che si salvò), e invece la società decise di puntare su Boniek”.
Che ricordi hai della famiglia Matarrese?
“Io non posso che parlare bene dei Matarrese. Hanno dato tantissimo per il Bari e penso che i baresi, con Giancaspro, si siano resi conto di quello che avevano prima. Quando si hanno delle cose non si apprezzano. Adesso con De Laurentiis è tutta un’altra storia…”.
Tornando al Bari attuale, a inizio campionato qualcuno pensava che in serie D le avrebbe vinte tutte. Poi sono arrivati i due pareggi…
“Non si può pensare in nessuna categoria di vincere tutte le partite. Neanche la Juve le vince tutte. L’importante è avere una continuità di risultati e un gruppo molto affiatato che si conosce bene e che si amalgama sempre di più. L’obiettivo del Bari non è vincere tutte le partite, ma vincere il campionato. E per farlo non è necessario vincere tutte le partite”.
Vista la rivalità calcistica tra Bari e Lecce, cosa vuol dire per un leccese concludere la propria carriera indossando i colori di una città “nemica”? Anche perché contro il Lecce hai giocato anche un derby…
“Sono un professionista e dunque per me era normale giocare per la squadra con cui ero tesserato. Non mi faceva nessun effetto giocare contro il Lecce. Ero molto legato ai ragazzi delle giovanili, con cui sono cresciuto all’inizio della mia carriera e con cui abbiamo fatto tante battaglie contro i pari età del Bari, ma non mi sentivo particolarmente legato alla società del Lecce. Per me affrontare il Lecce o un’altra squadra era la stessa cosa: io indossavo la maglia del Bari”.
Di cosa ti occupi ora?
“Oggi sono responsabile del settore giovanile del Campobasso, dove ho giocato nei primi anni della mia carriera. Quando ho smesso di giocare sono venuto a vivere qui, dove ho conosciuto mia moglie: sono oltre 20 anni che vivo a Campobasso. Ho dei campi di calcetto, ma quest’anno la nuova società del Campobasso ha deciso di investire su di me per il settore giovanile”.
Un saluto e un augurio ai tifosi baresi…
“L’augurio è di vincere il campionato e di ritornare l’anno prossimo in Serie C. Poi la Serie B e la Serie A. Una realtà come Bari non merita di stare in questa categoria e soprattutto il pubblico di Bari merita ben altro”.
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